mercoledì 12 novembre 2008

SULLA MORTE E L'ALDILA'

Ci troviamo attualmente nel periodo dell'anno governato dal segno dello Scorpione, e quindi anche dalle tematiche ad esso associate. Una di queste è quella della morte in tutti i suoi significati, e con tutto quello che ad essa può essere associato per analogia. Nel mondo di oggi, che soprattutto qui in Occidente è fortemente condizionato da un modo di pensare e di vivere materialistico, quello della morte costituisce certamente il più grande tabù nonchè il più grande spauracchio. Cerchiamo allora di gettare un po' di luce su questa tematica così mal compresa e mal gestita dall'umanità moderna, facendo riferimento ancora agli insegnamenti di Rudolf Steiner e in particolare ad un suo scritto intitolato Legami tra i vivi e i morti.

Per prima cosa bisogna sottolineare che l'evento della morte può far paura solamente se lo si vede da un punto di vista materialistico, mentre osservandolo da una prospettiva spirituale assume significati e valenze ben diverse. Innanzitutto bisogna dire chiaro che, secondo gli insegnamenti di tutte le scienze esoteriche, dopo la morte la vita continua in un piano esistenziale differente, non fisico. La morte terrena quindi non significa affatto, come molti temono, la fine della coscienza e dell'esistenza individuale, significa soltanto che l'individuo trasferisce la sua coscienza da un piano esistenziale fisico ad un altro non fisico. Questi piani esistenziali diversi non sono situati in luoghi diversi, ma si compenetrano l'uno con l'altro. In altre parole, il piano esistenziale spirituale si trova nello stesso luogo di quello fisico, ma non può essere percepito (se non da chiaroveggenti o in circostanze del tutto particolari) da chi è incarnato in un corpo fisico, proprio a causa delle limitazioni dovute all'involucro materiale.

La morte quindi rappresenta una fine solamente se vista dal piano fisico, mentre se viene osservata dal piano spirituale rappresenta invece un a nascita in un mondo diverso dove la coscienza, afferma Steiner, è ancora più presente. La vera differenza consiste nell'assenza dell'involucro fisico, del corpo materiale, ma la coscienza non solo non viene a mancare, ma è ulteriormente potenziata. Tuttavia, la capacità di percezione nel mondo spirituale al quale si accede dopo la morte dipende anche dalle abitudini coltivate durante la vita terrena. Più in questa vita si svolge attività spirituale e ci si rappresenta la vita post-mortem, e più gli organi di percezione spirituale si formano e si affinano, permettendo una percezione più forte, chiara e precisa dopo la morte. Un'attitudine fortemente materialistica invece costituisce un ostacolo alla percezione superiore, e quindi diventerà una sorta di handicap percettivo nella vita post-mortem, come può essere la sordità o la cecità nel mondo fisico.

Parlando dei legami spirituali tra i vivi e i morti, Rudolf Steiner sottolinea la grande importanza che ha la creazione, durante l'esistenza fisica, di legami di amicizia al di fuori dalle obbligazioni karmiche, di legami creati per scelta consapevole. Non si parla quindi di relazioni ad esempio con parenti stretti, dato che questo tipo di legami sono di natura karmica e quindi pre-determinati, ma di quei legami che vengono stabiliti con soggetti che si incontrano e frequentano non per destino ma per una scelta consapevole dettata da affinità morale e spirituale. Stabilire relazioni di questo genere secondo Steiner aiuta molto a formare gli organi di percezione spirituale, perchè la formazione di questi dipende appunto dall'attività spirituale esercitata nel mondo fisico. E' quindi nell'esistenza fisica che noi sviluppiamo quegli organi che poi ci permetteranno di percepire nel piano esistenziale superiore dopo la morte.

I legami di questo tipo tra due soggetti, afferma sempre Steiner, persistono anche dopo la morte di uno di loro, anche se allo stato attuale della sua evoluzione l'umanità non è in grado di percepire il mondo spirituale durante l'incarnazione fisica. Per rafforzare il rapporto con i propri cari defunti e migliorare la propria capacità di rapportarsi in modo corretto con la tematica della morte e dell'aldilà, il fondatore dell'Antroposofia consiglia in particolare di abituarsi a vivere la propria normale vita terrena pensando di essere sempre osservati dai morti, e di immaginarli come sempre presenti come entità che vivono e operano insieme a noi, anche se da un piano esistenziale differente. Questa è di fatto la realtà, anche se al momento non ci è dato di percepirla.

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